RAFFAELLO, non avendo né carta, né tela la disegnò sul fondo di una botte
di Renato Mammucari
Quando uno storico dell’arte si trasforma in narratore arguto e vivace per parlarci di un inedito Raffaello… Sono trascorsi cinquecento anni dalla precoce morte del pittore eppure, ancora oggi, molti critici definiscono l’evento: «una delle massime sventure dell’arte». Paolo Isotta ha unito idealmente la tragica sorte del Sanzio a quella di un altro genio – questa volta musicale – precocemente scomparso, per affermare come Raffaello sia il Mozart della pittura. Sappiamo quali vertici abbia raggiunto la loro arte, ma possiamo solo rimpiangere il contributo che avrebbero dato alla storia dell’Umanità se fossero vissuti più a lungo. Questo articolo indaga un aspetto insolito e curioso del genio rinascimentale, che non disdegnava di fissare la sua improvvisa ispirazione anche su un fondo di botte dei Castelli Romani.
A riprova della proverbiale bellezza delle donne di Velletri, scrive infatti Gustavo Strafforello, «Raffaello incontrò un giorno una di queste vaghe donne, con un bambino in braccio, e la pregò di fermarsi alquanto: ma non avendo né carta, né tela la disegnò sul fondo di una botte, e vuolsi che questo schizzo gli servisse per la famosissima Madonna della seggiola».
In un articolo dal titolo Raffaello, la Madonna della seggiola e contadine di Velletri pubblicato su Il Messaggero del 30 giugno 1925 sono riportate alcune indagini sulla tradizione secondo cui Raffaello, durante la sua attività romana, venuto a Velletri in una giornata di ottobre, attraversandone i vigneti rigogliosi, si sarebbe imbattuto in una bella contadina stringente un bimbo fra le braccia e quindi «vuole la tradizione, che il Sanzio abbia ritratto, sopra un fondo di botte, a rapidi tratti, il volto e i lineamenti della donna e del bimbo, cui in seguito si sarebbe ispirato per dipingere la Madonna della seggiola».
La forma circolare del quadro si presentò forse come la circostanza più verosimile per il volgo, che ci volle appunto intravedere il fondo della botte, senza tener conto che tale forma corrisponde a quella di quasi tutte le Madonne del Sanzio ma l’abbigliamento della Vergine ha effettivamente un riscontro nel costume allora in voga presso le contadine in quanto le donne del popolo, fino dai tempi molto remoti, vestivano in modo diverso dai ceti agiati, che si abbigliavano invece “alla romana”, mentre è caratteristico il fazzoletto, che avvolge i capelli della villanella con un andamento particolare.
Per avvalorare la veridicità storica della tradizione, conclude l’articolo, «si trattava di dimostrare che effettivamente Raffaello fosse venuto a Velletri e poiché è certo che egli si è recato a Cori, dovette passare anche nella nostra città ed il Winckelmann, nelle sue Osservazioni sull’architettura degli antichi (Roma 1748), dice di aver venduto alcuni disegni originali fatti dal Sanzio nel tempio di Ercole a Cori, disegni che, insieme a molti altri, si trovano nel Museo privato del barone Stosch, e, secondo il Nibby (Analisi dei dintorni di Roma), sarebbero poi passati alla Biblioteca di Vienna».
E se qualcuno non vorrà credere a quanto riportato nel 1894 dallo Strafforello nel suo volume La Patria relegando quell’episodio a semplice leggenda mi limito a ricordare che questa deriva dal latino medievale legenda il cui significato letterale è “cosa che si deve leggere” e una severa locuzione latina ammonisce: legere et non intelligere est tanquam non legere.
Renato Mammucari