L’autore e i suoi diritti, nel ventunesimo secolo
di Settimio Paolo Cavalli
Nei lunghi giorni del “confinamento” – non tutto il male viene per nuocere – abbiamo recuperato l’abitudine di leggere, ascoltare musica, inventare qualche cosa, e siamo qui nel regno – o nel tempio, dipende dai punti di vista – della creazione letteraria e della proprietà intellettuale: ossia del “diritto d’autore”.
Il diritto d’autore, come necessitá di tutela legislativa delle opere letterarie e d’arte, nacque solo dopo l’invenzione della stampa (Gutemberg, 1455). Certamente, il concetto che l’opera dell’ingegno appartiene a chi la crea, anche se non la possiede fisicamente, é antica. Seneca parla di “volumen Ciceronis” contro il libraio Doro che sosteneva fosse suo, e in Marziale ci sono epigrammi contro i “plagiatores”. Ma fu solamente nella seconda metà del quindicesimo secolo che, a Venezia, apparve il privilegio, attribuito allo stampatore prima che agli autori. Fu anche una forma di “censura preventiva”, dalla quale derivó l’ imprimatur. La prima legge nacque in Inghilterra (Copyright della Regina Anna, 1709); la base del diritto d’autore moderno fu promulgata in Francia il 19 luglio 1793, in piena Rivoluzione francese, e giunse in Italia e in Spagna negli zaini dei soldati di Napoleone.
Ma cosa è, secondo la legge, la “proprietà intellettuale”? É il soggetto che ha per finalità “le creazioni originali letterarie, artistiche o scientifiche espresse attraverso qualsiasi mezzo o supporto, tangibile o intangibile, attualmente noto o che si inventi nel futuro”. Questo stesso articolo 10 parla di “creazioni originali”, e proprio l’articolo 1 dichiara che “la proprietà intellelttuale di un’opera letteraria, artistica o scientifica corrisponde all’autore per il solo fatto della sua creazione”. Stiamo giá citando articoli di legge, ma quale legge? La “Legge di Proprietà Intelletuale. Real Decreto Legge 1/1996 del 12 aprile”.
Le leggi sono come le persone: nascono, invecchiano e, presto o tardi, muoiono. Invecchiando, cambia l’aspetto. Ho rughe in faccia e macchie sul dorso delle mani; sono abbastanza vecchio e si vede. Per nasconderlo, posso tingermi i capelli, iniettarmi botulina, andare da un chirurgo e chiedergli che mi tolga qualcosa qui e mi aggiunga qualcosa là. Ma continuo a essere abbastanza vecchio, e si vede. Cosa succede a una legge? Uguale: le sue “pezze” sono le Disposizioni addizionali, le Transitorie, le Derogatorie, gli “omissis”, gli articoli bis, ter, quater, eccetera.
Tornando a noi, come sta la Legge di Proprietà Intellettuale spagnola? È una ventenne e, al confronto con la corrispondente legge italiana, è una bimba, o una giovincella, dipende dai punti di vista. Mi riferisco alla legge italiana non solo perchè sono italiano – e la legge che conosco meglio è quella italiana – ma perchè sono leggi sorelle e a volte sorellastre.
Ad oggi la L.P.I. (corretta, e attualizzata dalla Legge 21/2014) comprende 167 articoli distribuiti in 4 Libri e 21 titoli; più sei articoli di Disposizioni Addizionali, ventuno articoli di Disposizioni Transitorie, una Disposizione Derogatoria Unica e una Disposizione Finale Unica. Ci sono poi due articoli della Legge 21/2014 con tre articoli di Disposizioni Addizionali, due di Transitorie, una Derogatoria Unica e cinque articoli di Disposizioni Finali. In totale, sommano 209 articoli, undici dei quali sono bis, ter etc., e tre sono derogati (in totale sono opertivi 216).
Come già abbiamo detto, è una bimba: la sua data di nascita è il 12 aprile del 1996. La legge italiana (“Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”) ha come data di nascita il 2 aprile del 1941 e comprende 206 articoli suddivisi in 8 Titoli e 21 Capi. Settantun articoli sono bis, ter eccetera, fino a decies, sei sono derogati. La Legge italiana comprende anche un Regolamento di 67 articoli, distribuiti in 8 Capi, con sei derogati e due omissis (in totale sono operativi 397).
A cosa è dovuta questa infinita quantità di toppe, in gran parte poste dopo il 2000? Le ragioni sono molte, ma quelle principali sono tre, come le facce di Lucifero nell’ Inferno di Dante, e hanno nome: Direttive, Corpus mechanicum e Pirateria.
Le Direttive dell’Unione Europea
La Spagna fa parte dell’Unione Europea dal 1968, e quando un Paese appartiene all’Unione Europea deve accettare le sue leggi, che prevalgono su quelle nazionali. La Unione legifera attraverso Direttive di obbligato compimento; ossia, un Paese dell’Unione deve adattare le sue proprie leggi alle diverse direttive che l’Unione va emanando e dispone di un certo tempo – da uno a tre anni, secondo la Direttiva – per farlo. Se non lo fa, ha inizio un procedimento di infrazione (e la Spagna lo sa bene: stivatori, gestione dei residui e delle acque residuali, canone digitale e un lungo eccetera). A oggi, le Direttive che hanno per oggetto la proprietà intellettuale sono una quindicina, la ultima è la “UE 2019/790 sui diritti d’autore e diritti affini nel mercato unico digitale in base alla quale si modificano le Direttive 96/9/CE e 2001/9/CE”. È ovvio che continuano e continueranno a modificarsi ed emanarsi, e sarà obbligatorio e necessario adeguare le leggi al mutare dei tempi. Fino a quando? Per sempre, o fintanto che Spagna e Italia continuino a far parte dell’Unione Europea.
Il corpus mechanicum
L’articolo 2 della Legge parla con chiarezza di “diritti di carattere personale e patrimoniale”. E l’articolo 14 definisce il carattere personale come “diritto morale” al quale corrispondono “diritti irrinunciabili e inalienabili”; questo è quello che comunemente si indica come corpus misticum: contenuto e forma di un’opera dell’ingegno sono il suo corpus misticum. L’articolo 17 definisce il carattere patrimoniale come “diritto esclusivo di sfruttamento e sue modalità”; questo è quello che comunemente si indica come corpus mechanicum: il contenente e la forma del supporto fisico attraverso il quale l’opera dell’ingegno viene comunicata sono il suo corpus mechanicum. Il corpus misticum dà, quando la dà, la fama (exegi monumentum aere perennius!); il corpus mechanicum dà, quando lo dà, il denaro (sono ricco!), ma capita comunemente confondere il prestigio con la popolaritá.
La realtà virtuale, Internet, la nube – ognuno la chiami come vuole – sta uccidendo il corpus mechanicum. Il supporto fisico, il contenente, giá non esiste; assistiamo alla dematerializzazione dei supporti. L’opera, come creazione intellettuale, non ha un corpo fisico e naviga libera nello spazio alla mercè di chi voglia e sappia scaricarla e appropriarsene; senza pagare un soldo.
La pirateria
E l’autore senza guadagnare questo soldo. E attenzione! Stiamo parlando di denaro e di un mucchio di denaro: nel 1914 – ultimo anno per il quale si hanno dati ufficiali – si stima un ammontare di 18.920 milioni di euro “piratati”. Come reagisce la legge a tutto questo? Cercando di modificarsi e di adattarsi, ma la mutazione genetica di una legge – lo abbiamo giá visto- va lentamente, e la mutazione genetica del mondo virtuale é stupefacente; sfortunatamente le leggi non cambiano al ritmo con cui cambia il mondo.
La L.P.I. non utilizza mai il termine “pirateria”, prende peró in esame (nel Libro III Protezione dei diritti riconosciuti da questa Legge) tutto quello che si riferisce alla protezione, e sono 24 articoli (dal138 al 162) lunghi e articolati. E che dovranno essere aggiornati secondo il dispositivo della citata Direttiva UE 2019/790 che intenta regolare questo aspetto e suddividere “il valore generato dall’uso delle opere” nelle piattaforme digitali. Secondo Justin Delèpine, “sembra che, nella equa suddivisione del valore aggiunto generato dall’uso digitale dei contenuti tra gli attori che partecipano alla sua produzione, siano essi mezzi di comunicazione o creatori, e il rispetto dei valori fondamentali della rete, nasca un dilemma di difficile soluzione”.
Sicuramente la pirateria è sempre esistita, ma una cosa é stampar copie di un libro o di un DVD e distribuirle, altra cosa é fotocopiare o registrare per uso personale, altra ancora che chiunque scarichi qualsiasi cosa dalla nube illegalmente. Questo é molto, ma molto, difficile da controllare e impedire. Certamente la pirateria è un poblema condiviso da tutti i Paesi del mondo, ma la “picardia” che pare essere una caratteristica incancellabile del DNA spagnolo fa della pirateria un problema estremamente esteso in Spagna, che da anni compare nella “lista nera” della International Intellectual Property Alliance.
Un ultimo argomento, di palpitante interesse, sarebbe il diritto all’immagine e alla riservatezza, attorno al quale aumenta ogni giorno il livello di rissa fra i sostenitori della libertá d’informazione, contro la censura, e i partigiani del diritto alla riservatezza e dell’ordine pubblico. Di conseguenza, questo argomento si va trasferendo dall’ambito della proprietá intellettuale all’ambito del Codice penale; può essere un dibattito appassionante, però andremmo per altre strade e lí lo lasciamo.
El autor y sus derechos, en el siglo XXI
En los largos días de “confinamiento” – no hay mal que por bien no venga – hemos recuperado la costumbre de leer, escuchar música, inventar cosas, y aquí estamos, en el reino – o en el templo, según se mire – de la creación literaria y la propiedad intelectual: a saber, del “derecho de autor”.
El derecho de autor, como necesidad de tutela legislativa de las obras literarias y plásticas, nació solo después de la invención de la impresión (Gutemberg, 1455). Cierto, la idea de que la obra del ingenio pertenece al que la crea, incluso si no la posee físicamente, es antigua. Séneca habla de “volumen Ciceronis” en contra del librero Doro quien sostenía que era suyo, y Marcial tiene epigramas en contra de los “plagiadores”. Pero fue solamente en la segunda mitad del siglo XV que, en Venecia, apareció el privilegio, antes otorgado a la imprenta que a los autores. También fue una forma de “censura preventiva” de la cual nació el imprimatur. La primera ley surgió en Inglaterra (Copyright de la Reina Ana, 1709); la base del derecho de autor moderno fue promulgada en Francia el 19 de julio 1793, en plena Revolución francesa, y llegó a Italia y a España en las mochilas de los soldados de Napoleón.
Pero, ¿qué es según la ley la ”propiedad intelectual”? Es el sujeto que tiene por objecto “todas las creaciones originales literarias, artísticas o científicas expresadas por cualquier medio o soporte, tangible o intangible, actualmente conocido o que se invente en el futuro”. Este mismo artículo 10 habla de “creaciones originales”, y el mismísimo artículo 1 declara que “la propiedad intelectual de una obra literaria, artística o científica corresponde al autor por el solo hecho de su creación”. Ya estamos citando artículos de ley, pero, ¿qué ley? La “Ley de Propiedad Intelectual. Real Decreto Legislativo 1/1996”, de 12 de abril.
Las leyes son como las personas: nacen, van envejeciendo y, tarde o temprano, mueren. Envejeciendo, el semblante cambia. Yo tengo arrugas en la cara y manchas en el dorso de mis manos; soy bastante mayor y se nota. Para enmascararlo, puedo teñirme el pelo, inyectarme botulina, ir a un cirujano y pedirle que me quite algo por aquí y me añada algo por allá. Pero continúo siendo bastante mayor, y se nota. ¿Qué pasa con una ley? Lo mismo, sus parches son las Disposiciones adicionales, las Transitorias, las Derogatorias, los “omissis”, los artículos –bis, -ter, -quater etcétera.
Pero volvemos a lo que íbamos. ¿Qué tal la Ley de propiedad Intelectual española? Es una veinteañera y, comparada con la correspondiente ley italiana, es una niña, o una niñata, según se mire. Y me refiero a la ley italiana no solo porqué soy italiano – y la ley que mejor conozco es la italiana -, sino porqué son leyes hermanas, y a veces hermanastras.
Al día de hoy, la L.P.I. (revisada, y actualizada por la Ley 21/2014) tiene 167 artículos distribuidos en 4 Libros y 21 Títulos; más seis artículos de Disposiciones Adicionales, veintiuno artículos de Disposiciones Transitorias, una Disposición Única Derogatoria, una Disposición Final Única. Más dos artículos de la Ley 21/2014, con tres artículos de Disposiciones Adicionales, dos de Transitorias, una Derogatoria Única y cinco artículos de Disposiciones Finales. En total, suman 209 artículos de los cuales once son bis, ter etc. y cuatro están derogados (total: están operativos 216).
Como ya hemos dicho, es una niña: su fecha de nacimiento es 12 de abril de 1996. La ley italiana (“Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”) tiene como fecha de nacimiento 22 de abril de 1941 y comprende 206 artículos distribuidos en 8 Títulos y 21 Capítulos. Setenta y uno artículos son bis, ter etc. hasta decies, seis están derogados. La Ley comprende también un Reglamento de 67 artículos distribuidos en 8 Capítulos; seis están derogados y dos son omissis (total: están operativos 397).
¿A qué se debe este sinfín de parches, puestos mayoritariamente después del año 2000? Hay muchas razones, pero las principales son tres, como las caras de Lucifer en el Infierno de Dante, y tienen nombre: Directivas, Corpus mechanicum y Piratería.
Las Directivas de la Unión Europea
España forma parte de la Unión Europea desde 1986, y cuando un País pertenece a la Unión tiene que aceptar sus leyes, que tienen un rango superior a las nacionales. La Unión dictamina mediante Directivas, de obligado cumplimiento; o sea, un País miembro de la Unión tiene que adaptar sus propias leyes a las diversas directivas que de la Unión van emanando, y dispone de un tiempo – entre uno y tres años, según las directivas – para hacerlo. Si no lo hace, empieza un procedimiento de infracción (y España lo sabe muy bien: estibadores, gestión de residuos y aguas residuales, canon digital y un largo etcétera). A día de hoy, las Directivas que tienen por objeto la propiedad intelectual son una quincena, la última de las cuales es la “UE 2019/790 Sobre los derechos de autor y derechos afines en el mercado único digital y por la que se modifican las Directivas 96/9/CE y 2001/29/CE”. Pero, claro está, continúan y continuarán emanándose y modificándose, siendo obligado y necesario adecuar las Leyes al mudar de los tiempos. ¿Hasta cuándo? Hasta siempre, o mientras España y Italia sigan siendo parte de la Unión Europea.
El corpus mechanicum
El artículo 2 de la Ley habla con claridad de “derechos de carácter personal y patrimonial”. Y el artículo 14 define el carácter personal como “derecho moral”, al que corresponden derechos “irrenunciables e inalienables”; este es lo que comúnmente se indica como corpus mysticum: el contenido y la forma de una obra del ingenio son su corpus mysticum. El articulo 17 define el carácter patrimonial como “derecho exclusivo de explotación y sus modalidades”; este es lo que comúnmente se indica como corpus mechanicum: el continente y la forma del suporte físico en el que una obra del ingenio está comunicada, son su corpus mechanicum. El corpus misticum da, cuando la da, la fama (“¡exegi monumentum aere perennius!”); el corpus mechanicum da, cuando lo da, el dinero (“¡estoy rico!”). Pero es bastante común confundir el prestigio con la popularidad.
La realidad virtual, Internet, la nube – que cada cual la llame como quiera – va matando el corpus mechanicum. Ya el suporte físico, el continente, no existe; asistimos a la desmaterialización de los soportes. La obra, como creación intelectual, no tiene cuerpo y navega libre por el espacio, a la merced de quien quiera y pueda descargarla y hacerla suya: sin gastar un duro.
La piratería
Y el autor sin ganar este duro, y, ¡ojo!, estamos hablando de dinero y de un montón de dinero: en 2014 – el último año por el que tenemos datos oficiales – se estima un valor de 18.920 millones de euros “pirateados”. ¿Cómo reacciona la ley a todo esto? Intentando modificarse y adaptarse, pero la mutación genómica de una ley – ya lo hemos visto – va despacito, y la velocidad de mutación genómica del mundo virtual es asombrosa; desafortunadamente, las leyes no cambian al ritmo que cambia el mundo.
La L.P.I. no utiliza nunca la palabra “piratería”, pero sí examina (en el “Libro III De la protección de los derechos reconocidos en esta Ley”) todo lo que a la protección se refiere, y son 24 artículos (desde el 138 hasta el 162), todos muy largos y articulados. Y que tendrán que ser puestos al día según el dispositivo de la citada Directiva UE 2019/790 que intenta arreglar este asunto y repartir “el valor generado por el uso de las obras” en las plataformas digitales. Según Justin Delèpine, “parece que, entre el reparto equitativo del valor añadido generado por el uso digital de los contenidos con los actores que participan en su producción, ya sean medios de comunicación o creadores, y el respeto a los principios originales de la web, se plantea un dilema de difícil solución”.
Por cierto, la piratería siempre ha existido, pero una cosa es imprimir copias de un libro o de un DVD y distribuirlas, otra es fotocopiar o grabar por uso proprio, y otra que todo el mundo descargue cualquier cosa desde la nube de maniera ilegal. Y esto es muy, pero muy, difícil de controlar e impedir. Por cierto, la piratería es un problema compartido por todos los Países del mundo, pero la “picardía” que parece ser parte imborrable del ADN español, hace de la piratería un problema extremadamente extendido en España, que desde muchos años aparece en la “lista negra” de la Alianza Internacional de la Propiedad Intelectual.
Un último argumento palpitante sería el del derecho a la imagen y la privacidad, por el que cada día va aumentando el nivel de trifulca entre los partidarios de la libertad de información y en contra de la censura, y los partidarios del derecho a la privacidad y al orden público. De modo que este asunto va transfiriéndose desde el ámbito de la propiedad intelectual al ámbito del Código penal; el debate puede ser apasionante, pero iríamos por otros derroteros, y allí lo dejamos.
Settimio Paolo Cavalli