Dante e la sua Commedia : il Veltro, svelato l’arcano?
di Giovanni Delfino ed Emilio Bozzano
Nell’anno 2021 in cui si commemorerà il settimo centenario della morte del più grande genio letterario italico ed universale, potrebbe essere un omaggio doveroso ed a lui gradito far luce sull’enigma dantesco che più ha affascinato e fatto discutere i dotti commentatori del suo poema.
Quest’enigma ci interroga e ci appassiona da subito sin dal primo canto del poema.
A chi allude Dante, con la famosa profezia del “Veltro” che finalmente caccerà la “lupa” che ha impedito al poeta di ascendere al colle della rettitudine” il dilettoso monte” illuminato dal sole, allegoria della “ grazia divina”, che guida ed indirizza all’umana virtù. ?
L’Ipotesi che io ritengo più verisimile è che Dante proponga proprio la sua “ Comedia “come il “Veltro” salvifico, in grado di cacciare dal mondo la lupa.
Che Dante avesse alta coscienza di sé e della sua missione educativa e redentrice risulta in tutto il poema: da quando si schermisce dall’affrontare il viaggio agli inferi “io non Enea, io non Paullo sono” a quando gli viene profetato da Brunetto Latini, un futuro di gloria “ non puoi fallire a glorioso porto” o dal suo avo Cacciaguida una missione divina “ sicut tibi cui bis unquam coeli ianua reclusa “. Allora vediamo di capire perché secondo questa ipotesi interpretativa il Veltro è la stessa Comedia del divino poeta.
Il paragone con il viaggio di Enea agli Inferi e l’elevazione di Paolo al Paradiso è molto eloquente; Enea fu scelto “ nell’empireo ciel”………” per padre dell’alma Roma “……..e di “ suo impero e del papale ammanto”; Paolo “ lo vas dell’elezione” … Per recare conforto a quella fede …Che è principio alla via di salvazione”.
Il viaggio di Dante assume quindi un significato fortemente trascendente e per ben tre volte, Virgilio, la sua guida riduce al silenzio i demoniaci guardiani infernali ( Caronte, Minosse e Pluto), affinchè non impediscano “ il suo fatale andare” perché “ volsi così colà dove si puote, ciò che si vuole e più non dimandare” assegnando cioè una sorta di imprimatur celeste all’eccezionale impresa ultraterrena del divino poeta.
Ed è proprio la sua straordinaria esperienza che può e deve cacciare dal mondo la lupa ( cioè l’avarizia nella sua accezione più malvagia = avaurizia o aviditas auri) perché essa è la fonte di tutti i mali “radix omnium malorum” (San Paolo) e da lei nascono tutte le forme di empietà e le ingiustizie che hanno corrotto gli uomini, le città e i due sommi poteri civile e religioso ( L’Aquila e la Croce), “ soleva Roma che il buon mondo feo……due soli aver che l’una e l’altra strada…. facean veder e del mondo e di Deo “ ma la loro “ mala condotta è la cagion che il mondo ha fatto reo”, e lo ha “ diserto d’ogni virtute e di malizia gravido e coverto”. E’indispensabile quindi correggere ed emendare questi sommi poteri che sviano le genti facendo loro perdere “la diritta via”.
E come Dante descrive il Veltro che farà, “morir con doglia” questa bestia “si malvagia e ria” ?
Escludiamo che il Veltro possa essere un potente della terra, perché “ non ciberà …..ne terre ne peltro”, ma solo “sapienza amore et virtute” , e nascerà “ sua nazion sarà…….tra feltro e feltro” .
Occorre ora evidenziare come nel tredicesimo secolo cominciasse a diffondersi l’uso della carta, conosciuta e importata attraverso gli arabi dall’oriente, ma prodotta in forme rudimentali, molitura di stracci, con aggiunta di colle di riso che la rendevano appetibile a insetti e roditori, al punto che Fedeico II nel 1211 ne proibì l’uso per i documenti ufficiali .
E’ chiaro però che solo una diffusione massiva del supporto cartaceo, avrebbe consentito un uso più economico del materiale su cui scrivere ed avrebbe favorito quella vera rivoluzione culturale che caratterizzerà il XIV – XV secolo, grazie all’uso della carta prima e della stampa poi.
Solo la carta quindi poteva consentire una capillare diffusione del poema dantesco che sottoponeva al giudizio Divino il comportamento delle anime famose lanciando violente invettive contro i vizi degli uomini, ed in special modo dei potenti
“ però ti son mostrate in queste rote….nel monte e nella valle dolorosa…. pur l’anime che sono di fama note”
In modo tale che la loro punizione divina ed eterna, potesse essere un monito imperituro per tutti gli uomini ai quali il poema era rivolto, e credo per questo motivo il poeta lo aveva concepito – novità assoluta- non in latino ma in volgare.
E allora “ tutta tua vision fa’ manifesta…e lascia pur grattar dov’è la rogna” perché “ questo tuo grido farà come vento…che le più alte cime più percuote….e ciò non fa’ d’onor poco argomento”
Ne conseguì che il poema venne presto trascritto, più e più volte ( due volte pare dallo stesso Bocaccio) e fatto oggetto di pubbliche letture, e spesso imparato e recitato a memoria anche dal popolo, specie le invettive contro i potenti.
Pertanto solo la carta, consentirà una diffusione capillare della cultura e del sapere e quindi si ciberà di “sapienza amore e virtute” di cui è intrisa la Comedia, mentre proprio la carta per nascere ha bisogno di “ feltro e feltro” perché l’impasto di molitura veniva steso , pressato e asciugato tra feltri.
Posso testimoniare avendo io assistito da fanciullo alla lavorazione della carta, in una delle numerose piccole e antiche cartiere, ancora esistenti a Varazze nei primi anni del secondo dopoguerra, che l’impasto veniva ancora steso pressato ed asciugato tra due rulli di feltro.
Quindi la carta diventava lo strumento principe per la diffusione del sapere, e a Dante era riservato l’onore di diffondere attraverso la sua Comedia un messaggio salvifico di “ sapienza amore et virtute” così come confermato in molti passi della sua opera, (Brunetto Latini, Marco Lombardo, Cacciaguida, ecc…); possiamo allora convintamente dedurre che il Veltro che caccerà le fiere, ed in particolare la Lupa dalla faccia della terra, è proprio la Divina Comedia del Poeta impegnato a combattere le malvagità e le ingiustizie.
Sarebbe stata ovviamente impossibile, nonostante l’uso del volgare, una capillare diffusione del poema tra il popolo se esso fosse stato scritto sulle costosissime e rarissime pergamene, che di solito potevano essere raschiate e riscritte più e più volte (palinssesti).
Il Veltro è dunque, la stessa Comedia di Dante.