Alle sorgenti della storia - L’Arcipelago Canario al suo apparire
di Alfonso Licata e Fernando Acitelli
Antica maretta per convogliare le acque piovane
Grotte abitate dai Guanci
È ormai coscienza acquisita che Lanzarotto Malocello rimase a Lanzarote per una ventina di anni. Sappiamo per certo che fu sua opera edificare un castello o torre sul quel territorio. In quell’area egli visse trovando di fatto il luogo ideale. Sappiamo inoltre che mosse alla volta di Genova. Un atto importante – oggi perduto – testimonia la sua presenza in questa città. Altri atti, di qualche anno precedenti, lo collocano di passaggio nelle Isole Baleari e in Francia. Il quesito ancora da risolvere è di sapere con precisione in che punto dell’isola era stata realizzata la costruzione. Sembrava che tale interrogativo fosse stato risolto da Augustin Pallarès Padilla, il quale ricorda come nell’opera Le Canarien il castello viene indicato come costruito verso l’interno dell’isola. A sua volta, lo studioso Marin de Cubas afferma che le rovine di tale castello si trovassero nel “posto di Guanapayo”.
A tale proposito il Pallarès Padilla chiarisce che tutto ruota attorno al termine puestos. Con esso infatti erano da intendersi le postazioni da cui si potevano controllare dall’alto le coste dell’isola per avvistare eventuali sbarchi di pirati o tribù nemiche. Esiste la montagna di Guanapay: proprio alla sommità della stessa esisteva un puesto, vicino all’antica capitale Teguise. Quest’ultima era all’epoca il centro di comando dei nativi, per rispondere ad eventuali attacchi esterni, provenienti dal mare.
Sempre nell’opera Le Canarien viene riportato un episodio assai significativo: il capo tribù ribelle Afche attaccò alcuni normanni e questi ultimi, per rappresaglia, subito dopo rapirono e decapitarono una indigena la cui testa fu infilata da una lancia e conficcata nel terreno sulla cima di una montagna vicina. Da tale notizia riportata dai cronisti dell’epoca si deduce che il suddetto castello doveva per forza di cose trovarsi lontano dal mare e quindi situato nell’entroterra dell’isola.
Inoltre, nel 1984, Antonio Romero Mora e lo stesso Agustin Pallarès Lasso reperirono dei frammenti di rovine di una costruzione edificata proprio in cima alla montagna di Guanapay. Dopo circa vent’anni – nell’agosto del 2004 – furono rinvenuti frammenti di vasellame e di piatti sia aborigeni che europei nell’area denominata “la Torre” Questo ritrovamento costituirebbe una prova in più dell’esistenza, sulla montagna, del cosiddetto “castello” di Lanzarotto.
Infine, è necessario evidenziare come nell’archivio storico provinciale di Las Palmas (attuale capitale dell’isola di Gran Canaria) fu rinvenuto un atto datato 13 ottobre 1773 relativo al matrimonio tra tali Domingo Ramos e Juana Perdomo, nel quale era riportato un passo assai eloquente ed esplicativo che, letteralmente, trascriviamo: “noi dichiariamo di essere in possesso di due faneghe (metri quadrati 13.500 x 2) di terra agricola dove dicono: la torre confinante con il castello vecchio, che avevamo comprato da Juana Cabrera vedova di Domingo Sanchez”.
Tale documento conferma l’esistenza, sulla sommità del monte di Guanapay, di una torre e di un recinto fortificato, riferibili certamente a Lanzarotto Malocello.
A proposito del Malocello, posto che egli si fosse stabilito più o meno definitivamente sull’isola a cui diede il nome, ci sono due possibilità circa la sua fine: la prima ipotizza una sua fuga a seguito d’una rivolta degli indigeni; la seconda che possa essere stato ucciso. Questo è quanto possiamo apprendere dal famoso “Libro del Conocimiento” ove si legge che “una rivolta generale degli isolani con l’aiuto di tutti gli abitanti lo scacciò (riferendosi a Lanzarotto Malocello) dall’isola”.
Da alcuni si afferma che l’isola in quel tempo fosse divisa in due regni separati da una parete di pietra secca che attraversava l’isola in tutta la sua larghezza e detta divisione dell’isola in due regni si dedurrebbe dal fatto che nel libro non verrebbero citati soltanto “degli isolani” ma “tutti gli abitanti”, e tale osservazione può far intendere che gli aborigeni dei due regni si fossero coalizzati per scacciare il Malocello.
Aggiungiamo che per lo studio degli avvenimenti successivi è punto di riferimento assai importante il libro Majos – La Primitiva Poblaciòn de Lanzarote”, a cura di Cabrera Perez, Antonia Perera Betancor e Antonio Tejera Gaspar, Ed. Fundacion Cesar Manrique, 1999.
In tale opera si afferma come il luogo di sbarco dei successivi conquistatori franco/normanni Giovanni Bethencourt e Gadifer de la Salle ben ottant’anni dopo l’approdo del Malocello fosse la spiaggia di Papagayo. Si trattava d’un luogo favorevole per un ancoraggio, posto indicato da due conoscitori/interpreti Majos (tali Alfonso ed Isabel) che avevano partecipato e accompagnato la spedizione. Questi aborigeni canarii erano stati all’uopo comprati come schiavi a Siviglia e portati al seguito essendo perfetti conoscitori dei luoghi.
Nel luogo dove sbarcarono, i franco/normanni edificarono a loro volta una torre, che poi fu denominata Rubicon.
Da sottolineare come con il termine Majos venivano identificati esclusivamente gli aborigeni dell’isola di Lanzarote mentre il termine Guanci stava ad indicare gli abitanti di tutte le altre isole dell’arcipelago canario.
Reperto archeologico rinvenuto a Lanzarote
Incisioni rupestri
Il Cioranescu, nel commentare il testo Le Canarien, afferma che: “L’anno mille 400 e quattro, jovedì 25 febbraio prima del carnevale, il re dell’isola di Lanzarote, pagano, chiese di Mons. de Bethencourt per essere battezzato. Fu battezzato, lui e tutta la sua famiglia il primo giorno della Quaresima (il re dell’isola si chiamava Guadarfia ) e lo battezzò il signor Juan Le Terrier, cappellano di Mons. De Bethencourt, e fu chiamato signor Luis”. La conversione del re indusse il resto della popolazione ad analoga conversione al cristianesimo tanto che la religione risultò essere lo strumento più idoneo per una maggiore penetrazione della cultura europea a sfavore di quella indigena.
Sempre il Cioranescu ricorda che i franco/normanni organizzarono delle “istruzioni” o “catechismo” per gli aborigeni al fine di convertire queste “genti barbare”. Da evidenziare che gli esploratori europei rimasero scandalizzati nel constatare la pratica della poliandria esercitata dalle donne lanzaroteñe: “La maggior parte di loro ha tre mariti che la servono per un mese, e chi la debe avere dopo, li serve tutto il mese che l’ha l’altro, e siempre fanno così, ognuno con il suo turno.”
Per esperienza sappiamo che gli incontri/scontri tra civiltà differenti comportano sempre la soccombenza della civiltà tecnologicamente meno sviluppata. Così è evidente come nel giro di pochissimi anni i Majos si saranno trovati a soccombere culturalmente di fronte agli Europei, come dimostra l’episodio riportato nel suddetto libro “Majos”, secondo il quale il re Guadarfia, divenuto Luis Guadarfia dopo la conversione e il battesimo, chiese a Bethencourt un terreno per poterlo coltivare ed il normanno gli diede una casa e trecento acri di terra nel centro dell’isola dando origine a quel villaggio chiamato Zonzamas. Detto villaggio rimase abitato ancora per molti secoli, tanto che alla fine del sec. XVIII se ne ammiravano i resti.
La penetrazione culturale degli Europei fu resa anche possibile dal fatto che la figlia del re Luis Guadarfia di nome Teguise sposò Maciot, il nipote del cavaliere Giovanni di Bethencourt. Ciò avvenne dopo che lo zio ebbe fatto ritorno in Francia, nel suo paese di Grainville la Teituriere (odierno dipartimento di Caux, in Normandia).
Il matrimonio in questione tra la principessa Teguise e il Maciot ebbe certamente motivazioni di convenienza in quanto nella cultura aborigena di Lanzarote il potere era trasmesso per via femminile, anziché maschile, come dimostra il fatto che il nome della principessa ha dato origine all’omonima città di Teguise, ancora oggi esistente. Anche lì, dunque, il matriarcato fu evento reale e non relegato soltanto nel Mito.
Caverne abitate dagli aborigeni a Belmaco, La Palma
Petroglifi nella Cueva del Belmaco, La Palma
Piramidi a gradoni di Guimar, Tenerife
Albero sacro venerato dai Guanci
(capitolo tratto dal libro “Lanzarotto Malocello,dall’Italia alle Canarie, vol.II, anno 2018 )
LAS FUENTES DE LA HISTORIA
APARICIÓN DEL ARCHIPIÉLAGO CANARIO
por Alfonso Licata e Fernando Acitelli
En este sentido, Pallarès Padilla deja claro que todo gira en torno al término puestos. Con ello, se entendía cuáles eran las posiciones idóneas para controlar, desde lo alto, las costas de la isla y, así, detectar posibles desembarques de piratas o tribus enemigas. Ahí está la montaña de Guanapay: justo en la cima había un puesto, cerca de la antigua capital, Teguise. Esta última era el centro de comando de los nativos en ese momento para responder a posibles ataques externos que venían del mar.hora se sabe que Lanzarotto Malocello permaneció en Lanzarote durante veinte años. Sabemos con seguridad que fue obra suya la construcción de un castillo o torre en ese territorio. Vivió en esa zona, encontrando el lugar ideal. También sabemos que se trasladó a Génova. Un acto importante (ahora perdido) da testimonio de su presencia en esta ciudad. Otros actos, de algunos años anteriores, lo sitúan de paso en las Islas Baleares y en Francia. La cuestión que queda por resolver con precisión es en qué punto de la isla fue realizada tal construcción. Parece que tal interrogante lo resolvió Augustin Pallarès Padilla, el cual recuerda cómo en la obra Le Canarien, se indica que el castillo fue construido hacia el interior de la isla. A su vez, el estudioso Marín de Cubas afirma que las ruinas de ese castillo estaban en el “lugar de Guanapayo”.
Una vez más, en la obra Le Canarien viene recogido un episodio muy significativo: el líder tribal rebelde, Afche, atacó a algunos normandos y estos últimos, como represalia, secuestraron y decapitaron inmediatamente a una mujer indígena cuya cabeza fue atravesada por una lanza y clavada en el suelo en la cima de una montaña cercana. A partir de esta noticia informada por los cronistas de la época, se deduce que el mencionado castillo tenía que estar, por fuerza, lejos del mar y, por lo tanto, ubicado en el interior de la isla.
Además, en 1984, Antonio Romero Mora y el propio Agustín Pallarès Lasso encontraron fragmentos de ruinas de un edificio construido justo en la cima de la montaña de Guanapay. Después de unos veinte años (en agosto de 2004), se descubrieron fragmentos de cerámica y platos, tanto aborígenes como europeos en el área llamada “la Torre”. Este hallazgo constituiría una prueba adicional de la existencia, en la montaña, del llamado “castillo” de Lanzarotto.
Finalmente, hay que destacar cómo en el histórico archivo provincial de Las Palmas (actual capital de la isla de Gran Canaria) se encontró un acto del 13 de octubre de 1773 relacionado con el matrimonio entre Domingo Ramos y Juana Perdomo, en el que se presentaba un pasaje muy elocuente y explicativo que transcribimos literalmente: “Declaramos estar en posesión de dos fanegas (13.500 metros cuadrados x 2) de tierra agrícola donde decimos: la torre colindante con el antiguo castillo, que compramos a Juana Cabrera, viuda de Domingo Sánchez”.
Este documento confirma la existencia, en la cumbre del monte Guanapay, de una torre y de un recinto fortificado que, sin duda, hacen referencia a Lanzarotto Malocello.
A colación de Malocello, dado que se había asentado más o menos permanentemente en la isla a la que dio el nombre, hay dos posibilidades sobre su final: la primera hipótesis trata sobre su huida tras una revuelta de los indígenas; la segunda, que podría haber sido asesinado. Esto es todo lo que podemos sacar en claro del famoso “Libro del Conocimiento”, donde leemos que “una revuelta general de los isleños con la ayuda de todos los habitantes lo expulsó (refiriéndose a Lanzarotto Malocello) de la isla”.
Algunos dicen que la isla, en ese momento, estaba dividida en dos reinos separados por un muro de piedra seca que cruzaba la isla de este a oeste, y que dicha división de la isla en dos reinos se deduciría del hecho de que en el libro serían citados solamente “de los isleños” pero “todos los habitantes”, y tal observación puede sugerir que los aborígenes de los dos reinos se habían unido para expulsar a Malocello.
Añadimos que, para el estudio de eventos posteriores, es un punto de referencia muy importante el libro Majos – La Primitiva Población de Lanzarote”, de Cabrera Pérez, Antonia Perera Betancor y Antonio Tejera Gaspar, publicado por la Fundación César Manrique, 1999.
En este trabajo se afirma que el lugar de desembarco de los sucesivos conquistadores franco/normandos, Giovanni Bethencourt y Gadifer de la Salle, ochenta años después de la llegada de Malocello, era la playa de Papagayo. Era un lugar favorable para echar el ancla, indicado por dos conocedores/intérpretes Majos (llamados Alfonso e Isabel), que habían participado y acompañado a la expedición. Estos aborígenes canarios habían sido comprados como esclavos en Sevilla y traídos como conocedores perfectos de la zona.
En el lugar donde desembarcaron, los francos/normandos construyeron una torre, que más tarde se llamó Rubicón.
Cabe destacar que con el término Majos se identificaba exclusivamente a los aborígenes de la isla de Lanzarote, mientras que el término Guanches identificaba a los habitantes de todas las demás islas del archipiélago canario.
Cioranescu, al comentar el texto Le Canarien, afirma que: “El año 1404, el jueves 25 de febrero, antes del carnaval, el rey de la isla de Lanzarote, pagano, pidió a Mons. de Bethencourt ser bautizado. Él y toda su familia fueron bautizados el primer día de Cuaresma (el rey de la isla se llamaba Guadarfía) y el encargado del bautizo fue el Sr. Juan Le Terrier, capellán de Mons. De Bethencourt, y pasó a llamarse señor Luis”. La conversión del rey llevó al resto de la población a una conversión similar al cristianismo, tanto que la religión resultó ser el instrumento más adecuado para una mayor penetración de la cultura europea en contra de la indígena.
Cioranescu recuerda que los franceses/normandos organizaron “órdenes” o “catecismo” para los aborígenes con el fin de convertir a esta “gente bárbara”. Cabe señalar que los exploradores europeos se escandalizaron al ver la práctica de la poliandria llevada a cabo por las mujeres lanzaroteñas: “la mayor parte de ellas tienen tres maridos y sirven por mes, y el que debe tenerla después, los sirve todo el mes que el otro la tiene, y siempre hacen así, cada uno a su turno”.
Sabemos por experiencia que los encuentros/enfrentamientos entre diferentes civilizaciones siempre implican la pérdida de la civilización tecnológicamente menos desarrollada. Por lo tanto, es evidente que, pasados unos años, los Majos tuvieron que sucumbir culturalmente ante los europeos, como lo demuestra el episodio plasmado en el libro “Majos” antes mencionado, según el cual el rey Guadarfía, convertido en Luis Guadarfía después de su conversión y bautismo, le pidió a Bethencourt un terreno para cultivar, a lo que el normando le dio una casa y trescientas hectáreas de tierra en el centro de la isla, dando lugar a ese pueblo llamado Zonzamas. Dicho pueblo permaneció habitado durante muchos siglos, tanto que, a finales de siglo XVIII se pudieron admirar los restos.
La penetración cultural europea también fue posible por el hecho de que la hija del rey Luis Guadarfía, llamada Teguise, se casó con Maciot, sobrino del caballero Juan de Bethencourt. Esto sucedió después de que su tío regresase a Francia, en su aldea de Grainville-la-Teinturière (actual departamento de Caux, en Normandía).
El matrimonio en cuestión entre la princesa Teguise y Maciot, sin duda, tenía razones de conveniencia, ya que en la cultura aborigen de Lanzarote el poder se transmitía a través de las mujeres, en lugar de hombres, como lo demuestra el hecho de que el nombre de la princesa dio lugar a la ciudad homónima de Teguise, hoy en día aún existente. Allí, el matriarcado también fue un hecho real que no quedaba relegado solamente al Mito.