Andar per mare dall’antichità a…
di Anna Maria Barbaglia
“Lo spettacolo del mare fa sempre una profonda impressione. Esso è l’immagine di quell’infinito che attira senza posa il pensiero e nel quale senza posa il pensiero va a perdersi”.
Madame de Staël
Questa sera voglio partire da questa frase della nota scrittrice francese di origine svizzera perché il mare è qualcosa che attira, che ti prende tutti i pensieri che si vanno a perdere tra i flutti. È forse questo il pensiero che invadeva le menti degli uomini dell’antichità di fronte alle enormi distese che si aprivano davanti ai loro occhi. Non sapevano certo cosa fosse l’orizzonte, i venti, le maree, ma intrapresero viaggi, con i pochi mezzi che avevano a disposizione, viaggi sul mare ed a spingerli era forse l’incoscienza o il desiderio di conoscenza insiti nel genere umano sin dai primordi o forse entrambi. Gli strumenti vennero dopo con il passare dei secoli, dei millenni.
E poi… la cartografia e, nello specifico, la cartografia nautica, i portolani, l’astrolabio, la bussola, il sestante, il cannocchiale… e manuali nautici all’inizio scritti e disegnati a mano dagli stessi naviganti.
In ogni caso, per ricostruire la storia dei luoghi, dello spostamento delle genti, dei toponimi ed anche delle loro ubicazioni dobbiamo prendere in considerazione le carte manoscritte dell’antichità e i codici miniati che, a volte, contenevano degli allegati come mappe o carte “geografiche” compilate anch’esse a mano.
Ruolo molto importante nella cartografia dei primordi deve aver avuto proprio l’Italia, almeno per il Mediterraneo, grazie alla sua posizione centrale. Alcune di queste carte e, in modo particolare, i portolani, come vedremo nella prossima puntata, sono delle vere e proprie opere d’arte ed oserei dire, più che redatte, dipinte su pelli di animali o su papiri molto ricche di colori ed arricchite da disegni che fornivano una chiara descrizione dei luoghi, dei loro abitanti, delle religioni, dei loro usi e costumi, ma fornivano anche preziose informazioni in merito ai paesaggi, agli animali ed alla vegetazione.
Lo stimolo per la redazione di mappe era da associare, secondo me, alla tendenza dei popoli primitivi al nomadismo. Sono state trovate mappe primitive tracciate su corteccia di betulla. Per esempio gli Inuit della Groenlandia sembra siano stati i primi a intagliare vere e proprie mappe indicanti i rilievi dei litorali, mostravano le montagne, le colline le isole rispettando anche le proporzioni su legno che avevano il pregio di essere recuperate nel casi in cui fossero cadute in acqua. Tutti i popoli, a loro modo, avevano una cartografia: dai Maya ai Toltechi, agli Aztechi, agli antichi navigatori della Polinesia, ai popoli della Mesopotamia, quelli dell’Antico Egitto e della Grecia senza dimenticare la famosa Tabula Peutingeriana probabilmente copia di un modello dell’età carolingia risalente, a sua volta, ad una carta che riproduceva tutti i luoghi dell’Impero di Roma, la sua rete stradale, le distanze tra le varie località, le catene montuose, i fiumi, i luoghi di sosta dalle Isole Britanniche al Mediterraneo, al Medio Oriente, alle Indie e all’Asia Centrale.
Andiamo per ordine.
Gli indigeni delle isole Marshall per le navigazioni a lunga distanza adoperavano dei bastoncini e conchiglie legati ad un telaio esterno e sembra anche che ci fossero attaccate delle foglie di palma per indicare venti e correnti mentre le conchiglie andavano ad indicare le isole.
Anche i popoli della Mezzaluna Fertile avevano le loro mappe. È stata ritrovata quella che gli studiosi ritengono essere una rappresentazione cartografica: una tavoletta di argilla risalente ad oltre 4000 anni fa dove i fiumi sono rappresentate con delle linee e le colline con dei cerchi accostati.
Gli Egizi avevano le mappe dei siti delle miniere di oro e d’argento, ma dove vi sono indicate anche le abitazioni dei minatori, i pozzi e le strade.
Dell’antica Grecia si hanno alcune descrizioni contenute in opere successive e la maggior parte di queste mappe sono dovute alle testimonianze dei naviganti ed ai progressi compiuti nell’astronomia.
Ma facciamo ora un balzo in avanti per arrivare al Medioevo e, di nuovo, al Mediterraneo che collegava, come collega, le diverse civiltà che vi si affacciavano. Era il centro dei commerci dominato nel IX e X secoli dalle flotte bizantine ed, a partire dall’XI secolo, le navi delle città italiane divennero i padroni del mare come già lo furono quelle dell’Antica Grecia e dell’Antica Roma e, in mezzo, la penisola italiana vero e proprio ponte per i commerci tra Europa, Nord Africa ed Oriente.
In questo frangente molta importanza assunsero i porti che, oltre ad essere un necessario punto di rifornimento, rappresentavano il luogo di scambio delle merci ed il varco verso la terraferma. Era il luogo dove venivano applicate le tasse e le gabelle per il transito delle merci tanto che la ricchezza di questi luoghi si basava proprio su questi introiti.
Esisteva una legislazione che regolava l’andar per mare nel Medioevo e città italiane disponevano di statuti regolamenti e fondi notarili. Tra i primi esempi giunti fino a noi in copia del ‘500, ma datati 1063 vi sono gli “Ordinamenta et Consuetudo Maris di Trani validi per l’Adriatico meridionale. Dello stesso periodo è utile ricordare la “Tabula de Amalpha”. Da questi documenti si può evincere l’importanza che veniva data alla gerarchia a bordo ed il trattamento economico che era riservato ai marinai, nonché l’abbondante anticipo che veniva loro erogato per salvaguardare le famiglie che rimanevano a casa.
È nel XII secolo che possiamo collocare una certa produzione di itinerari dovuti agli spostamenti soprattutto verso i luoghi della fede ed alla spinta verso il Medio Oriente data dalle Crociate. Quindi mappe di luoghi con descrizione e delle strade per poterci arrivare. Tale produzione di itinerari è stata raccolta in 4 volumi di “Itinera Hierosolimitana Crucesignatorum (secoli XII-XIII) editati agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso da Sabino de Sandali e che rappresentano dei veri e propri “racconti di viaggio”.
In ogni caso, fino al XIII secolo, non risultano documenti che possano far pensare ad una cartografia nautica. Questo è un argomento molto affascinante che personalmente ho affrontato quando l’avvocato e storico Alfonso Licata che, in occasione del 7° centenario della scoperta delle isole Canarie da parte del navigatore varazzino Lanzarotto Malocello, fece degli studi approfonditi su tale personaggio scrivendo anche due notevolissimi libri, mi propose di occuparmi dei portolani.
Era per me un argomento completamente sconosciuto, ma interessantissimo ed io mi misi al lavoro.
Questo della cartografia dei primordi è sì un argomento molto affascinante, ma anche molto complesso ed affonda le sue radici appunto nel XIII secolo, epoca alla quale risalgono le prime carte manoscritte del Mediterraneo, le così dette carte-portolano che riportavano informazioni utili per riconoscere luoghi tramite descrizioni testuali, disegni, informazione anche sulle forme di governo e sulle famiglie dominanti, ma contenevano informazioni sulle leggi locali, sui pericoli della navigazione, indicazioni per l’ingresso nei porti, riportavano i riferimenti per il cabotaggio, indicazioni delle rotte in mare aperto, rotte che nel Medioevo erano chiamate con la parola latina “Transfretus” parola che si trova nel Liber Rivierarum risalente alla fine del XIII secolo, mentre nei testi italiani si trovano usati i termini di “golfo Lanciato” (andare a golfo lanciato: attraversare un golfo da un capo all’altro navigando per linea retta senza costeggiare) e, più spesso “peleggio o pileggio” (passaggio, rotta).
Troviamo questo termine anche nella Divina Commedia di Dante probabilmente con il significato di “audace traversata”
Non è pileggio da picciol barca
Quel che fendendo va l’ardita prora
Né da nocchier ch’a se medesmo parca
(Paradiso, canto XXIII vv.67-69)
Non è tratto di mare da varcarsi facilmente con una piccola barca quel che va fendendo l’ardita prora (la navicella dell’ingegno del Poeta) né da nocchiero che si risparmi la fatica. Vi è bisogno di un’altra poesia e di un poeta seriamente impegnato per cantare il Paradiso. Come se egli non lo fosse!
Ma torniamo alle nostre carte.
Presumibilmente, anzi è quasi certo che furono gli stessi navigatori a costruire carte nautiche nel corso delle loro navigazioni e l’Italia, a partire dal tardo Medioevo, fece scuola. In particolare, l’epoca in cui si sviluppò la cartografia nautica fu il periodo delle Repubbliche Marinare. Non a caso la prima carta che ci è giunta è la Carta Pisana, anonima e non datata la cui compilazione sembra risalire proprio al XIII secolo.
Immagini:
1-Mappe intagliate su legno degli Inuit
2-I legnetti legati della Polinesia
3-Mappe delle miniere dell’Egitto
4- La Grecia nella Tabula Peutingeriana
5-Copertina testo “Lanzarotto Malocello, dall’Italia alle Canarie”
Bibliografia di massima
Viaggiare nel Medioevo del Centro Studi sulle Civiltà del Tardo Medioevo di San Minito a cura di Sergio Gensini
Medioevo Marinaro di Antonio Musarra