Castelli e castellani dal Limbo dantesco alla Valle d’Aosta
Venimmo al piè d’un nobile castello,
sette volte cerchiato d’alte mura,
difeso intorno d’un bel fiumicello.
Questo passammo come terra dura;
per sette porte intrai con questi savi:
giugnemmo in prato di fresca verzura.
(Inferno, Canto IV, 106 – 111)
Nel suo viaggio ultraterreno Dante giunge nel I Cerchio dell’Inferno, ai piedi di un nobile castello ove si trovano gli spiriti “grandi” per sapienza e intelligenza.
Il castello, che ha le caratteristiche dei castelli medievali, allegoricamente rappresenta la filosofia, e i sette cerchi di mura che lo circondano si riferiscono alle sette parti di essa (fisica, metafisica, etica, politica, economia, matematica e dialettica).
In questo Cerchio Dante esprime tutto il suo amore per la letteratura classica, in particolare per i grandi autori latini. Non potendo collocare i grandi spiriti in Paradiso, poiché non hanno professato la fede cristiana, crea per loro un mondo a parte, protetto dal peccato e dalle bassezze umane. Il castello aristocratico li ospita nella pace e in questo ambiente possono mantenere intatta tutta la nobiltà d’animo che li ha contraddistinti nella vita terrena.
Il principio di separatezza tra le mura del castello e i luoghi dove si trovano le anime comuni attribuisce alla residenza dei grandi un’aura misteriosa e solenne che ben si addice anche a molte strutture castellane sparse sul territorio italiano ed europeo.
Nel tratteggiare il castello, Dante attinge a un repertorio di immagini che aveva ben chiare nei suoi occhi e che si concretizzavano nei castelli della sua Toscana, in gran parte demoliti successivamente durante le lotte tra i signori feudali.
La molteplicità, sette cerchi di mura, delle strutture difensive poteva invece riferirsi al modello dei castelli che i Crociati costruivano in Oriente, protetti da due o tre cinte murarie.
Il disegno dantesco del nobile castello trova la sua materializzazione architettonica in migliaia di esemplari in tutta Europa. Nella piccola regione alpina che si sviluppa ai confini nord occidentali dell’Italia, la Valle d’Aosta, se ne contano una quarantina a cui si aggiungono numerose torri e caseforti.
Castello monoblocco di Verrès
Forte di Bard all’imbocco della Valle d’Aosta provenendo dal Piemonte
Si tratta di una concentrazione non indifferente, esito di mille anni di storia e di una serie di concause, peculiari di questa porzione di mondo alpino.
I possenti muri in pietra, sulle alture che si susseguono lungo la Valle principale, solcata dalla Dora Baltea, ancora oggi attirano l’attenzione dei viaggiatori che osservano il paesaggio sulle due rive del fiume.
Quando furono costruiti, i manieri rispondevano principalmente a esigenze ostentative del potere acquisito, specie nelle relazioni – spesso conflittuali – che si andavano creando tra le famiglie della nobiltà locale.
Interno del castello di Verrès
Castello monoblocco di Ussel
Ogni casata era interessata a insediarsi in prossimità degli spazi pianeggianti (molto scarsi nel territorio valdostano) e fertili, adatti allo sfruttamento agricolo; oppure privilegiava le vie di transito, passaggio obbligato per uomini e merci, da cui attingevano rendite cospicue con l’esazione dei pedaggi.
La corografia della Valle d’Aosta e la collocazione geografica all’interno delle Alpi spiegano quindi in gran parte l’abbondanza e la distribuzione quasi capillare dei castelli, torri e caseforti in questo piccolo territorio montano.
Non si può parlare di un sistema difensivo strutturato, bensì di tanti centri di potere isolati e autonomi che nel tempo hanno cambiato proprietari e funzioni.
Castello di Graines
I primi insediamenti, riferibili al XII secolo, occupano le alture con la loro cinta muraria, il corpo centrale con l’immancabile torre e una cappella. Vengono definiti “castelli primitivi”, a sottolineare la semplicità costruttiva e l’antichità; ma sovente insistono su strutture preesistenti.
Un secolo più tardi, gli stessi castelli si trasformano in “castelli deposito” o “castelli recinto” per evidenziare la nuova funzione di difesa e di conservazione delle derrate.
Castello di Cly
Nel tardo Medioevo, le architetture militari lasciano il posto a dimore confortevoli che celebrano le nobili casate con affreschi e decorazioni di altissimo livello artistico.
Interno del castello Passerin d’Entrèves di Châtillon
Il Medioevo non si ferma al XV secolo: tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento antiche dimore nobiliari vengono recuperate e nuovi castelli si ergono in vari punti della Valle, a sottolineare la invariata aspirazione, questa volta dell’aristocrazia del denaro, al prestigio sociale e alle tentazioni ostentative del potere!
La sensibilità moderna attribuisce al patrimonio storico e culturale, e quindi anche ai castelli, un valore assimilabile ai principi di nobiltà che Dante riscontra nei grandi della cultura classica; anch’essi custodiscono una storia millenaria, un passato importante, ben presente nell’immaginario collettivo e tuttora leggibile nel disegno architettonico del paesaggio contemporaneo.
Un viaggio per immagini e testi tra i castelli valdostani, appassionante e gradevole, è facilmente realizzabile sfogliando il volume Valle d’Aosta. La Valle dei castelli, Edizioni PdT 2020 (www.poeticadelterritorio.com/pubblicazioni).
Testo di Maria Vassallo
Fotografie di Enrico Formica