Maggio 2021, un Mese Mariano che difficilmente dimenticheremo.
di Giovanni Delfino
Si è appena concluso il mese Mariano, di un anno particolarmente difficile, che credo non abbia mai visto tante invocazioni alla Madonna da parte di fedeli di antica e nuova devozione.
Le cronache ci hanno reiteratamente mostrato le immagini di Fatima, visitata con tanta devozione da San Giovanni Paolo II, che a Lei attribuiva la salvezza nell’attentato del 13 maggio 1981.
Ci hanno altresì frastornato con visite di fedeli comuni o di importanti personaggi politici che ostentavano Rosari e conversioni, sia lì che in altri Santuari Mariani.
Alzi la mano, chi in un momento doloroso o tragico della propria vita non abbia alzato gli occhi al Cielo, invocando il nome della Madre di Dio.
Personalmente, in un momento difficile, mi sono ritrovato di fronte ad un’edicola mariana in una località rurale del ponente ligure ( Mulini di Triora) a ricopiare un’antica filastrocca popolare in dialetto arcaico, che mi ha particolarmente emozionato e che qui trascrivo.
“ Madonna de Luretu, Madre Santa piglieve de nui cumpasciun tanta
pressu Diù fei da intercessora
essendu noscia vera prottetora
a voscia benedision nui vugliamu che tutti ne guidè finchè scampamu”
E’ l’antica professione di fede popolare di chi aveva bisogno di protezione in alto loco, quasi la preghiera di intercessione fosse un retaggio feudale, come sono le moderne “raccomandazioni”.
Ma la conclusione del Mese Mariano in un anno particolare come l’ìanno del VII centenario della morte di Dante ci ha fatto anche approfondire quella splendida pagina dedicata alla Vergine del XXXIII esimo canto del Paradiso, e accanto a profondissime e sapienziali invocazioni antitetiche ( Vergine- Madre, Figlia del tuo Figlio, Umile – Alta, Fattore -Fattura) ecco apparire la “raccomandazione “ feudale :
“ che qual vuol grazia a te non ricorre,
Sua disianza vuol volar senz’ali.”
(Par XXXIII, 14-15)
Che discende dal Memorare di San Bernardo : “ Nihil nos Deus habere voluit, quod per Mariae manus non transiret” , preghiera alla quale Dante aggiunge un concetto di virtù e nobiltà feudale e cavalleresca.
“ La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre”
(Par XXXIII, 16-18)
Aggiungendo quindi alle virtù cardinali e cavalleresche quelle teologiche : cioè la Rosa dei Beati, che è il fiore frutto della Fede germinato grazie all’Amore di Dio; la Speranza fontana vivace intra’ mortali e la Caritate, a “noi meridiana face ” (Par XXXIII, 10).
Per cui si potrebbero intravedere e intuire tre splendidi colori : il bianco abbagliante della luce, il verde della speranza e il rosso della carità, colori che saranno poi molto cari all’Italia unita.