Girolamo Benzoni una voce italiana e lombarda dal Nuovo Mondo - Nel quinto centenario dalla nascita
Questo articolo è stato scritto da Sri. Dr. NANDO POZZONI
Girolamo Benzoni nacque a Milano, in una famiglia della piccola nobiltà, nell’anno 1519 e vi morì nel 1584. Di se stesso, questo ancora poco conosciuto autore, nella dedica che accompagna la prima edizione della sua cronaca “Historia del Mondo Nuovo”, destinata a Papa Pio IV, il pontefice milanese Gian Angelo Medici, riferisce quanto segue: “… e essendo andata la nostra casa più volte in sinistro, e rovina; tanto per le continue guerre, quanto per altri accidenti della iniqua fortuna sempre nimica nostra; e non potendo il padre mio allo studio sustentarmi, mi mandò di età giovenile in varie Provincie, Francia, Ispagna, Alemagna…”
Effettivamente, a partire dall’ inizio di quel secolo, il Ducato di Milano aveva subito dapprima la dominazione francese, nonché le alterne, tragiche vicende del conflitto franco-spagnolo, fino a quando, nella battaglia campale presso Pavia, il 25 febbraio 1525, l’armata franco – svizzera, al comando dello stesso re di Francia, venne sbaragliata dalle truppe imperiali asburgiche, cioè spagnole, tedesche (lanzichenecchi) e napoletane.
L’egemonia spagnola sul Milanese diverrà ufficiale nel 1535, con la morte dell’ultimo Duca di Milano, Francesco II Sforza. Delle conseguenze di tali, devastanti conflitti , riferisce anche Matteo Bandello nella sua Novella undicesima : “Francesco Sforza, secondo di questo nome duca di Milano, dopo la pace e la convenzione fatta a Bologna con Carlo quinto imperadore, essendo ritornato pacifico possessore di quel ducato, la maggior parte dei gentiluomini di Milano e del paese quivi intorno, perché le passate guerre avevano lor disfatto le possessioni, ne le quali era
di lavoratori, massari, buoi ed altri animali carestia estrema, cercava gente che volesse pigliar le possessioni loro ad affitto…”
Benzoni si trasferì nuovamente in Spagna nel 1541, attraversando la Penisola Iberica fino a Sanlúcar de Barrameda , porto sull’ estuario del Guadalquivir, dove si imbarcò per le Canarie e di lì per il Nuovo Mondo, al seguito di spedizioni spagnole che percorsero territori dell’ America Centrale (Caraibi, Guatemala, Nicaragua), proseguendo fino agli odierni Venezuela, Colombia, Ecuador, Perú e Bolivia.
Trascrivo qui l’incipit del testo originale:
“Essendo io giovanetto di età d’ anni ventidue e desideroso di vedere come molti altri, il mondo, e avendo notizia di quei paesi nuovamente ritrovati dell’ India, cognominati così da tutti il Mondo Nuovo, determinai d’ andarvi; e così mi partii di Milano col nome di Dio rettore e governatore di tutto l’ universo, l’anno di M.D.XLI, e me ne andai per terra a Medina del Campo, dove il popolo usa gran traffico, per rispetto delle fiere e gran mercatanzie di tutta la Spagna ; e poi a Seviglia mi ridussi, e in barca, per lo fiume Guadalchivil, fui a San Luca di Barameda condotto, il quale è porto generalmente di tutte le navi che vanno e vengono dall’ India, e trovato una nave che partir voleva per l’ isola di Grancanaria, mi imbarcai per non aver trovato più corto passaggio… e per aver inteso che in quelle Isole vi si trovano del continuo navi che vanno cariche all’ India…”
Nel suo citato libro, pubblicato in Venezia, dapprima nel 1565, e, successivamente, nel 1572, questo scrittore milanese narra le esperienze vissute nei quattordici anni (1541-1555) di permanenza nelle Colonie Ispanoamericane nonché durante il precedente, breve soggiorno nell’ Arcipelago Canario. Benzoni fu tra i primi a descrivere perfettamente, con dovizia di particolari in precedenza sconosciuti, flora e fauna americana : durante alcune spedizioni nell’ interno del continente, Benzoni ha modo di osservare e descrivere piante e animali del tutto sconosciuti, ancorché simili ad alcune specie del mondo euro-afro-asiatico:
“Si trovano in questa provincia (Nicaragua) grandissima copia di porci montesi (pecari) e tigri ferocissimi (giaguari) e alcuni leoni (puma), però timidi, percioché vedendo un uomo fuggono…”
“Pare al mio giudicio, che la maggior parte del paese di questo gran Golfo di Paria, (odierno Venezuela) verso Mezzogiorno sia il più ameno, vago e fruttifero ch’ io abbia veduto in questi luoghi delle Indie dove io sono andato, per esser dotato di un’ amplissima e fertile pianura , dove sempre si veggono fiori, così di buono come di cattivo odore, e gli alberi, come fosse primavera, hanno le foglie, se ben pochi sono fruttiferi e buoni ; a ben che in molti luoghi si trova copia grandissima di cassia medicinale.”
(Libro I)
Ugualmente interessanti risultano le sue descrizioni relative costumi dei nativi,in via di trasformazione, come i loro stessi territori a seguito della brutalità della Conquista, di cui è diretto testimone, e della quale riporta anche episodi salienti tratti da altri scritti dell’ epoca, fra i quali quelli di Bernal Díaz del Castillo, Cieza de León , Zarate e Gomara, con l’ evidente intenzione di fornire ai lettori, per la maggior parte poco eruditi in materia, un contesto quanto più ampio e preciso, atto a meglio comprendere l’ insieme e gli scenari delle imprese coloniali. Paradossalmente, tale attitudine, a mio avviso incredibilmente originale e moderna, venne interpretata da alcuni critici come indizio di millanteria e mistificazione rispetto alla veridicità delle esperienze narrate, ipotesi questa, secondo i detrattori del cronista milanese, suffragata anche da alcune imprecisioni cronologiche dell’ autore, invece quasi sicuramente dovute a occasionali errori di assemblaggio del testo.
Inoltre, come giustamente evidenzia la dr.sa Laura Silvestri nel suo saggio “Lo sguardo antropologico di Girolamo Benzoni” (atti del convegno di Venezia su Miti e Realtà del Nuovo Mondo, ed. Bulzoni, 1992), l’originalità dello scrittore milanese consiste soprattutto nel rifiutare i canoni culturali dominanti nelle cronache relative alla Conquista, utilizzando criticamente i dati contenuti nelle stesse:
“L’ inserimento degli stralci storiografici della conquista in un contesto diverso da quello in cui sono nati modifica il modello del Nuovo Mondo e il testo che ne parla, offrendo una visione dei vinti e dei vincitori opposta a quella consueta.”
(L.Silvestri, op.cit.)
Diverso parere esprime il dr.A. Martinengo in un suo articolo del 1991, pure dedicato alla Historia benzoniana : commentando una affermazione del saggista Rosario Romeo che definisce il libro “…protesta della coscienza italiana contro le atrocità della conquista.”, replica decisamente : “… troppo mediocre personaggio è il Benzoni per attribuirgli la rappresentanza di uno stato di coscienza collettivo.” Aggiunge poi che il cronista milanese “…è uno dei tanti avventurieri che partono per il nuovo mondo con l’intenzione di arricchirsi e che non esita fra l’ altro a dedicarsi alla razzia di indigeni per venderli come schiavi.”
Tuttavia, in un successivo passaggio dello stesso testo, Martinengo ammette che : “…in lui, più che negli altri, è netta la percezione che i tempi sono cambiati: l’ errore degli spagnoli era stato di profittare di quella benevolenza iniziale per instaurare un clima di violenza.”
In realtà, Benzoni è figlio di un’ epoca nella quale guerre e fondamentalismi segnano pesantemente il contesto umano ed etico dell’ intera Europa, condizionando il pensiero della maggioranza . Il suo impatto con il divenire del Continente Americano si rivelerà comunque un durissimo banco di prova fisico e morale, dal quale uscirà più maturo e cosciente dei crimini commessi dai colonizzatori europei, spagnoli soprattutto, ma anche francesi e portoghesi, orrori che, dopo avere inizialmente partecipato o forse passivamente assistito a feroci incursioni schiaviste, finirà per condannare, denunciandoli apertamente nel suo scritto.
“ …e finalmente di due milioni d’Indiani che vi erano a quest’ Isola (Santo Domingo), tra ammazzati da se stessi, e dalle fatiche oppressi, e con le crudeltà de gli Spagnuoli finiti, al presente non se ne ritruovano centocinquanta, e questo è stato il modo di farli Cristiani…
Da poi che gli Indiani di quest’ Isola cominciarono a andare all’ ultima rovina, gli Spagnuoli si provvidero de’ Mori di Guinea, conquista del Re di Portogallo, e ve ne hanno condotti in quantità…”
“Altre navi francesi , inanzi e dipoi sono andate per quella costiera e hanno pigliato e saccheggiato Santa Marta (oggi Colombia), Capolavela e altri luoghi…”
(Libro I del testo)
Ma il giovane milanese si spinge oltre questo limite e attacca di fatto la stessa gestione politica dell’Impero ispanico, troppo spesso affidata a funzionari rapaci e incompetenti, tanto più deleteria, secondo la sua visione, se paragonata ai meriti della sua amatissima patria, l’ Italia, e Milano in particolare, che non manca di citare in diversi passaggi :
“Il primo giorno ch’ entrassimo in porto, il Governatore (di Cartagena, odierna Colombia), per sua grazia mi mise alla sua tavola, e pigliandosi piacere di ragionar meco, la maggior parte dei suoi ragionamenti trattavano di oro e argento e delle guerre e della crudeltà usate alla misera Italia e specialmente alla città di Milano, ma conoscendo che mal volentieri io udiva tal cose, mi aborrì di tal sorte che mai più mi puote vedere.”
(Libro II )
“…e finalmente concludo che di tutte queste città che gli Spagnuoli hanno edificato in quest’Indie (oggi Ecuador e Perù), le quali loro dicono che sono più di trecento, che unitele tutte insieme, più vicini soleva tenere il Borgo di Porta Comasina di Milano (oggi Porta Garibaldi), che tutte queste città; percioché da questo borgo in tempo della sua prosperità solevano uscire più di dodicimila uomini…”
(Libro II)
Il testo venne pubblicato a Venezia, per evitare la censura e gli ostacoli non soltanto da parte spagnola: l’ autore si rendeva conto che le dure critiche da lui rivolte alla brutale colonizzazione delle Indie, ma in definitiva pure alla amministrazione imperiale, colpivano indirettamente anche alcuni importanti settori della società italiana , che dall’ avvento della egemonia ispanica traevano innegabili vantaggi e benefici. In primis le comunità genovesi, presenti in ogni angolo dell’Impero con i loro marinai, calafati, mercanti e banchieri ; questi ultimi, con la particolare formula finanziaria dell’asiento, si accaparravano cospicui introiti di argento americano. Molto bene insediati nella stessa Milano, i genovesi vi svolgevano un ruolo imprescindibile, sia nell’ apparato finanziario e amministrativo che come agenti commerciali, creando nuovi sbocchi per i prodotti di artigianato e industria locali, di altissima qualità e prestigio, verso i principali Paesi europei e il Nuovo Mondo.
Inoltre, proprio durante la dominazione spagnola, molti italiani, provenienti da ogni regione, raggiunsero i vertici delle più alte cariche politiche e militari dell’Impero : basti citare, fra i tanti contemporanei di Benzoni, Mercurino Arborio di Gattinara, gran cancelliere dell’ imperatore Carlo V, Andrea Doria, supremo ammiraglio della flotta da guerra imperiale, i due Gonzaga, cioè Ferrante, vicerè di Sicilia e poi governatore del Milanesado, nonché Vespasiano, vicerè di Navarra e Valencia ; per finire con Alessandro Farnese, invincibile comandante dell’ Esercito spagnolo di Fiandra.
Il libro, soprattutto la seconda edizione, conseguì comunque grande successo al di fuori degli ambienti filoispanici, tanto che la sua seconda edizione venne tradotta in tutte le principali lingue europee e ne vennero effettuate più di trenta ristampe. Oltre messaggio umano e morale che contribuì a diffondere, la Historia rappresentò, agli occhi degli europei, una preziosa e alternativa fonte di conoscenza di quel pianeta sconosciuto che era il Nuovo Mondo, ancora sospeso fra mito e realtà.